La rivoluzione russa by Walter Gerard
autore:Walter Gerard
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Rivoluzione russa,
editore: De Agostini
pubblicato: 2017-10-19T04:00:00+00:00
Commento del generale Denikin.
La seduta fu tolta. I capicomandanti tornarono al fronte. Si rendevano nettamente conto che la partita era perduta. Contemporaneamente e immediatamente dopo la conferenza, gli oratori e la stampa del Soviet iniziarono un’energica campagna contro i generali Alexeev, Gurko e Dragomirov, campagna che portò ben presto alla loro revoca.
Dopo aver dapprima decretato che non avrebbe autorizzato i capi a dare le dimissioni « per sottrarsi alle loro responsabilità », Kerenski ratificò il 9 maggio (ho già menzionato il fatto) la « dichiarazione ». Quale fu l’impressione suscitata da questo nefasto provvedimento?
Successivamente, per giustificarsi, Kerenski affermò che la legge era stata redatta prima del suo arrivo al ministero della Guerra e « approvata tanto dal Comitato esecutivo quanto dalle autorità militari ». Non aveva nessuna ragione per rifiutare la sua firma, era obbligato a ratificare. Ma mi ricordo di parecchi discorsi di Kerenski nei quali si lusingava di procedere sulla buona via e si dichiarava orgoglioso dell’arditezza che aveva manifestato promulgando una legge che « Gutshkov aveva avuto paura di firmare » ; e quella legge aveva tuttavia sollevato le proteste di tutti i capi militari.
Il 31 maggio, il Comitato esecutivo del Soviet dei deputati operai e soldati lanciò riguardo alla dichiarazione un proclama entusiastico: vi si parlava solo del saluto militare. « Due mesi abbiamo atteso questa giornata... Il soldato è diventato cittadino per legge... È liberato di questa schiavitù: il saluto obbligatorio... Egli può salutare chi vuole, da pari a pari, da uomo libero... Nell’esercito rivoluzionario, la disciplina avrà la sua fonte nell’entusiasmo popolare... essa non sarà più condizionata dal saluto obbligatorio ».
Tal era la mentalità delle persone che s’accingevano a riorganizzare l’esercito !
D’altronde, la maggior parte della democrazia rivoluzionaria non si stimò soddisfatta: in quella dichiarazione si vide « un nuovo asservimento del soldato ». Per mezzo della parola e della penna si continuò a invocare l’estensione dei diritti del soldato. Il congresso panrusso dei Soviet ammise che la dichiarazione, pur preparando seriamente la democratizzazione dell’esercito, non aveva però confermato parecchi dei più importanti diritti del cittadino sotto le armi... I relatori appartenenti al blocco « difensista » esigettero che i comitati di truppe instaurassero la scheda (giudizi e informazioni) d’ogni ufficiale; chiesero la libertà di parola anche durante il servizio e, soprattutto, la soppressione del § 14 della dichiarazione. Questo articolo autorizzava il capo a punire con la morte i subordinati che avessero rifiutato l’obbedienza davanti al nemico... È inutile rilevare l’opinione della sinistra « disfattista » del Soviet e del Congresso.
La stampa liberale non seppe vedere l’importanza della nuova legge. Vi dissertò sopra superficialmente. L’organo del partito cadetto 9 vi dedicò un articolo che manifestava la più viva soddisfazione. Vi si leggeva quanto segue: « La dichiarazione consente al soldato d’inserirsi nella vita politica del Paese, lo emancipa definitivamente. Le catene del passato regime sono cadute; l’aria fresca della libertà ha cacciato via l’atmosfera avvelenata delle caserme d’un tempo». E ancora: «In tutti i Paesi del mondo, l’esercito è tenuto lontano dalla vita politica, ma il nostro possiede tutti i diritti civici, senza restrizioni ».
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